L’ansia da separazione fa parte del percorso di crescita, ma diventa pericolosa se non la gestiamo al meglio.
Ogni genitore sa di cosa parliamo, perché l’ansia da separazione può avere forme o gradi diversi, ma tutti i bambini prima o poi manifestano un disagio nel momento in cui devono allontanarsi per la prima – o le prime – volte dalla mamma o dal papà. Più spesso dalla mamma, certo.
In tutta risposta, davanti al disagio del piccolo di solito il genitore risponde a sua volta con una manifestazione di malessere o difficoltà incentrata sul senso di colpa: niente di più sbagliato! Come fare, allora, per gestire al meglio l’ansia del bambino e il disagio del genitore?
Ansia da separazione nei bambini: quando e perché.
L’ansia da separazione nei bambini si manifesta per la prima volta, di norma, intorno agli otto o nove mesi, ma può protrarsi – e anzi diventare più forte – fino all’anno e mezzo di vita o due, per poi scemare e scomparire intorno ai tre anni. Nella maggior parte dei casi compare a fronte di un evento preciso, per esempio l’inserimento al nido, o il ritorno a lavoro della mamma una volta terminato il periodo di maternità.
Lo sviluppo del bambino passa anche da qui.
In questi casi i bambini manifestano il loro disagio con pianti e con capricci, ed è a questo punto che noi genitori dobbiamo cogliere i segnali e chiederci come reagire al meglio, senza diventare a nostra volta vittime di sensi di colpa immotivati: l’ansia da separazione infatti, non è altro che una normale fase dello sviluppo.
Allontanamento o abbandono?
Per il bambino, allontanamento significa inconsciamente abbandono, al quale reagisce con modalità diverse: pianti disperati, domande continue, rifiuto di stare con la baby sitter o di qualunque altra attività alternativa alla compagnia della mamma. Non sono così infrequenti, anche, casi di regressione del bambino, per esempio ricominciare a bagnarsi pur avendo già imparato a usare il vasino, oppure il rifiuto di mangiare, o ancora la volontà di utilizzare di nuovo il ciuccio.
Come comportarci davanti ai disagi del nostro bambino?
Per prima cosa dobbiamo interpretare le cause e capire se ci troviamo davanti a una fase transitoria oppure a un problema più grave. Nel primo caso, non dobbiamo preoccuparci troppo: i comportamenti del nostro bambino torneranno alla normalità rapidamente, appena avrà il tempo di abituarsi al cambiamento. Se invece la situazione non accenna a migliorare già dopo qualche settimana, è bene rivolgerci a uno specialista.
Ascoltare il nostro bambino per aiutarlo a capire.
In ogni caso, una buona regola – valida sempre – è quella di trasmettere al nostro bambino un senso di fiducia in se stesso e di protezione, rassicurandolo così nei confronti delle sensazioni e delle emozioni negative che, inevitabilmente, affiorano con il percorso di crescita. Cerchiamo allora di ascoltare il nostro piccolo, i suoi bisogni e le sue aspettative, senza proiettare su di lui le nostre paure, ma al contrario spiegando la situazione in modo chiaro e tranquillo.
Un buon genitore infatti non deve portare in braccio il proprio figlio lungo la strada della crescita, ma soltanto accompagnarlo per mano, aiutandolo a gestire le fasi critiche e condividendo con lui tutti i momenti più importanti.